1969: La battaglia di Lotta Continua per le 40 ore di lavoro

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« Il lavoro capitalista è nocivo. La vita è fatta per vivere ». L’affermazione è del periodico “Lotta Continua” che all’orario di lavoro dedica un articolo nel suo numero 2 pubblicato nel novembre 1969 [1]. Le 40 ore giungevano, per via contrattuale, poco tempo dopo.

Ci è piaciuto rileggere l’articolo, assolutamente attuale nonostante l’età, e condividere una sua ampia sintesi a sostegno di una nuova lotta per una riduzione dell’orario di lavoro.

Volere le 40 ore subito, spiegavano nell’articolo, « vuol dire ostacolare l’attacco all’occupazione; vuol dire non regalare ai padroni milioni di ore di sfruttamento ».

Non si tratta di affermazioni utopistiche. Già l’economista Jeremy Rifkin lo sostiene da tempo come forma di contrasto alla disoccupazione che rappresenta un costo alto per lo Stato ( in termine di forme assistenziali varie: NASPI, Cassa Integrazione, Assegno di Inclusione, etc ).

Lotta Continua e il problema del lavoro straordinario

La redazione del periodico, tuttavia, individuava un altro più grande problema: « ma in realtà, quanti sono gli operai che fanno l’orario contrattuale? Un’infima minoranza: la maggioranza fa medie che superano le 50 ore settimanali ». E spesso non pagate per 50, aggiungeremmo.

Lotta Continua individuava la causa legale che permetteva ai padroni di imporre tale sfruttamento del lavoratore: « il rifiuto di abolire gli straordinari, o comunque di disincentivarli ». Un decisione politica « criminale ».

« La questione degli straordinari, e del ricatto economico che ci sta dietro – spiegavano –, permette di vedere chiaramente il rapporto con la lotta per l’aumento del salario base ». Oggi potremmo chiamarla lotta per il “salario minimo”.

In altre parole, lotta per il “salario minimo” e per la riduzione delle ore di lavoro, dovrebbero andare di pari passo, come insegnava Trotsky.

Naturalmente il padrone non regala nulla: « l’altra contropartita della riduzione dell’orario è sempre, per i padroni, l’intensificazione dello sfruttamento, il taglio dei tempi, il cumulo delle mansioni, ecc. Il padrone ha una mano per dare e mille per riprendere ». Infatti, i padroni concedono una riduzione di orario di lavoro – le 40 ore nel caso in cui si discuteva – solo « dopo aver razionalizzato gli impianti e l’organizzazione del lavoro in modo tale da strizzare gli operai in 40 ore quanto prima in 43 e magari un po’ di più ».

Anche qui la “soluzione” era possibile, in teoria: « la lotta permanente contro i ritmi – scriveva “Lotta Continua” –, significa anche rifiuto di quei meccanismi che vincolo lo sfruttamento – il cottimo, il premio di produzione, tutti gli incentivi -. Abolire le voci in cui è frantumata la busta paga, unificare la paga, è un modo per garantire l’effettiva riduzione del lavoro, per sottrarre al padrone alcuni strumenti della disciplina aziendale ».

Per i lavoratori, in definitiva, l’obiettivo è quello di « lavorare meno tempo possibile e con minore intensità possibile ».

Dalle 40 ore di lavoro settimanali alle 30 ore

« Le 40 ore – che devono diventare, subito, il limite massimo reale per ogni lavoro – sono già troppe per i turnisti, che hanno espresso con forza la rivendicazione delle 36 ore. La notte è fatta per dormire ».

Interessante rilevare che solo nel 1997, ben 26 anni fa quindi, con l’art. 13 della legge 196, le 40 ore erano imposte per legge sia pur intendendosi come limite medio settimanale lavorato su un periodo di un anno.

Le ragioni espresse da “Lotta Continua” già nel 1969, i 26 anni trascorsi dalla legalizzazione delle 40 ore settimanali, i successivo avvento della nuova “rivoluzione industriale” fatta di robotica, informatica e, oggi, di intelligenza artificiale, rendono attuale la lotta almeno per le 30 ore settimanali.

D’altro canto già il contratto dei bancari del 2022 ha introdotto la settimana corta di 4 giorni di lavoro da 9 ore ciascuno ( le “36 ore” ) e Maurizio Landini (CGIL) ha più recentemente proposto di estenderla agli altri settori lavorativi perché « con le nuove tecnologie le imprese hanno una maggiore produttività e possono redistribuire la ricchezza » [2].

Fonti e Note:

[1] Lotta Continua, n.2 – novembre 1969, “La riduzione di orario”.

[2] Sky, 27 febbraio 2023, “Landini: Serve anche in Italia la settimana lavorativa di quattro giorni”.


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