I dogmi anarchici oggi sono ancora validi?
L’anarchismo, oggi, è ancora rilevante, ha un futuro? Assolutamente sì. Molti potrebbero essere oggi inclini verso l’anarchismo, forse inconsapevolmente. Noi stessi, ad esempio, desideriamo l’anarchia; soprattutto l’anarco-comunismo.
Ma come possiamo realizzare questo sistema politico, sociale ed economico?
Le tre strategie teoricamente disponibili per gli anarchici
In questa fase storica, si profilano tre principali strategie teoriche:
- La via classica: la rivoluzione violenta, promossa da pensatori come Lenin, Bakunin e Makhno e da loro considerata essenziale per instaurare un sistema basato su pace, uguaglianza e libertà. Nonostante le critiche sulla mancata connessione tra Lenin e la libertà individuale, questo metodo è stato un tempo visto come l’unica strada percorribile.
- La rivoluzione pacifica: attraverso l’auto-educazione e l’influenza della propaganda anarchica, oltre all’esempio di azioni nonviolente dirette, la popolazione si converte autonomamente e gradualmente all’anarchismo, sfidando lo stato e creando strutture democratiche decentralizzate. Questo processo include la presa dei mezzi di produzione da parte dei lavoratori.
- La via democratica borghese: partecipazione alle elezioni per legittimamente “conquistare il potere” e poi introdurre, in maniera nonviolenta, rapide e significative riforme politiche, sociali ed economiche ( periodo di transizione, per definizione non-anarchico ) per quindi smantellare lo stato, rinunciare al potere e passare all’anarchismo.
Esistono anche approcci ibridi e la potenziale caduta autonoma del capitalismo. Qui non è il luogo per approfondire tali scenari.
Alla rivoluzione violenta oggi si contrappone il movimento nonviolento
Il metodo della rivoluzione violenta, pertinente tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, oggi appare meno attuabile data l’attuale configurazione sociale e politica, nonostante le persistenti disuguaglianze e fasce di povertà. Nel 1917, quando Vladimir Lenin impose la rivoluzione in Russia e Nestor Makhno la realizzò in parte dell’Ucraina, c’erano allora tutte ben altre condizioni [1].
Una rivoluzione violenta di pochi rivoluzionari, peraltro, non potrebbe imporsi alla maggioranza e mantenersi se non solo con la forza fisica. E, quindi, per definizione, non ci troveremmo nell’anarchia. Attivisti anarchici lottano ancora per un cambiamento sociale, spesso a costo della loro libertà o vita. Tuttavia, i gesti dimostrativi violenti – quando talvolta da qualcuno usati – sembrano rendere la loro causa meno efficace, allontanano l’anarchismo dall’accettazione popolare, aiutano ad essere accettata dalla massa la reazione e la repressione per garantire sicurezza e ordine.
La società, pur riconoscendo a volte la violenza come strumento legittimo nelle mani dello stato, si è aperta a metodi di lotta nonviolenti. L’opera di figure come Henry David Thoreau, Gandhi e, più recentemente, Gene Sharp ha dimostrato l’efficacia della resistenza pacifica. Un esempio di attenzione e coinvolgimento è rappresentato dal caso del digiuno nonviolento di Alfredo Cospito.
Il dibattito tra gli anarchici Malatesta e Merlino su parlamentarismo
La “rivoluzione dolce“, invece, sembra richiedere un tempo indefinito per realizzare l’anarchismo. Resta, quindi, come unica via praticabile, l’agire politico attraverso le elezioni.
Lo storico dibattito del 1897 tra Francesco Saverio Merlino ed Errico Malatesta su questo tema evidenzia, indubbiamente, il dilemma tra l’efficacia della lotta parlamentare e il rischio di isolamento derivante dall’astensionismo. Sappiamo che il sistema elettorale è manipolato a favore dei partiti borghesi di governo dal potere economico e dai media, come pure sappiamo come il potere dell’elettore si consumi solo nei quindici minuti impiegati nel deporre la scheda nell’urna. Tuttavia, Merlino riteneva che l’agitazione elettorale offrisse comunque un’opportunità unica per la diffusione delle idee anarchiche, troppo preziosa per essere ignorata.
Gli anarchici, respinte le ragioni di Merlino, promuovono però ancora oggi l’astensionismo elettorale.
Paradossalmente, tuttavia, diversi di quegli anarchici che respingono la partecipazione elettorale utilizzano poi per i propri fini, alle volte, gli strumenti di quello stato che rifiutano ( per registrare propri giornali o difendersi nei tribunali, ad esempio ), dimostrando una certa contraddizione nelle loro azioni [2].
In conclusione, per espandere l’influenza anarchica, se l’obiettivo è quello di radunare forze contro lo stato e diffondere l’anarchismo, potrebbe essere il momento di superare i vecchi dogmi e valutare nuove tattiche. Una di queste può essere rappresentata dalla creazione di un “Partito socialista anarchico”. Proponendo una forma di lotta nonviolenta e un’organizzazione orizzontale non autoritaria, questo partito potrebbe offrire maggiori possibilità di successo rispetto alle strategie isolazioniste attuali.
Indubbiamente tale ultima strategia sarà avversata dal naturalmente frammentato e variegato mondo anarchico ed è pure carica dei pericoli già storicamente dimostrati dal comunismo bolscevico in caso di successo elettorale: prolungamento a tempo indeterminato del periodo di transizione e arroccamento degli individui sul potere conquistato.
Si tratta ovviamente di rischi esclusivamente teorici: l’ipotesi di successo elettorale è sinceramente piuttosto utopistica. Tuttavia, appare probabile che la sola presenza del progetto politico aprirebbe preziosi spazi propagandistici.
Un diffuso sentimento anti-sistema comunque oggi persiste ed è reso evidente dall’astensionismo elettorale. Potrebbe essere saggio provare a raccogliere queste energie e indirizzarle efficacemente.
Fonti e Note:
[1] Nel 1917, in Russia e Ucraina esistevano il latifondismo e la necessità di redistribuzione terre, una classe operaia numerosa nonché ancora una dipendenza delle macchine dall’uomo, era perfino presente una spruzzata di luddismo, era riconosciuta un’indiscussa tirannia zarista, persistevano devastazioni e carestie causate dalla prima guerra mondiale in corso, esisteva un naturale fascino verso la “ideologia”, vi erano importanti numeri di soggetti rivoluzionari, si riscontrava un sincero anelito di libertà, etc.
[2] Questa contraddizione invece non si ebbe quando le Brigate Rosse – che comunque nulla hanno a che condividere col movimento anarchico – uccisero nel 1977 l’avvocato Fulvio Croce loro difensore d’ufficio per tangibilment e violentemente dimostrare come non si riconoscessero in quella burocrazia dello stato che combattevano.
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Credits: Photo by Anna Keibalo on Unsplash
L’anarchismo, per antonomasia, prevede l’esistenza di enclavi territoriali libere dall’influenza statale. Oggi, con l’assetto territoriale dato dalla continuità dei confini tra uno stato e l’altro, non esistono questi luoghi (a meno che non si voglia andare su qualche isolotto del pacifico, anch’esso però soggetto alle leggi dello stato possessore).
Il mondo, semmai, oggi ha possibilità di scivolare verso il depotenziamento di quello che è l’immaginario del lavoro (il lavoro al centro della vita dell’uomo, come inizio e fine dell’utilità dell’uomo).
Complice la necessità del capitalismo di sgravarsi della manodopera, sostituendola con macchine e IA.
Complice il dato inequivocabile che non si possono lasciare morire di fame milioni di lavoratori non più utili … sarebbe il caos sociale.
Credo che, per una migliore qualità della vita delle persone bisognerebbe interecettare il cambiamento prossimo venturo e direzionarlo verso uno stato/economia che garantisce la sopravvivenza ai suoi cittadini senza più l’obbligo del lavoro.
In questo contesto, con tanti esseri umani in ozio forzato, si aprirebbero nuovi scenari del pensiero (soprattutto umanista) e nuove riflessioni sul senso dell’uomo e della sua vita.
A mio avviso è auspicabile
Ti dirò cosa ne penso, nessuna delle tre soluzioni e valida al momento.
La prima non ci sarà mai. Noi non siamo come i francesi ma subiamo passivamente tutto ciò che lo stato ci propina.
La seconda opzione sfidare lo stato con una protesta pacifica non osservando le leggi che ci propone è fuori luogo. Basterebbe astenersi dal fumare, bere e camminare a piedi o bici o mezzi pubblici e non giocare più a nessun gioco che porti soldi allo stato, basterebbero due settimane di questa protesta non violenta per fare saltare un governo.
La terza è quella peggiore: andare alle urne per cambiare le cose. Si è visto con i 5stelle che abbiamo votato tutti a casa mia cosa hanno combinato una volta al potere, adesso c’è il partito del non voto. Qui facciamo parte la mia famiglia al completo, siamo già al 50 per cento speriamo di arrivare al 60 per cento alle prossime elezioni politiche, sai cosa è stato trovato in uno scritto del duce, questa frase e converrai che tutti i torti non li aveva: governare gli italiani non è impossibile ma è inutile, ora.
L’uomo è egoista per natura. Non ci può essere anarchia… spero in un intervento alieno …
Penso che l anarchia in senso stretto e storico abbia dimostrato ampiamente derive violente, in sé l anarchico è un soggetto che se anche animato dai migliori propositi in definitiva mal tollera l’impostazione anche sociale, e ahimè culturale della società attuale. La maggior parte degli individui odierni, se pure a parole contrasta il sistema, nei fatti ne è parte persino attiva. Il tema dunque si pone solo sul fine etico – morale. Finché continueranno a prevalere egoismo, individualismo,materialismo e cattiveria l uomo non potrà trovare nessun equilibrio di giustizia che lo porti a rivedere i propri limiti e a capire persino il senso dell’esistenza!
Senza questo non può esserci futuro ne’ immaginarlo, l’uomo deve ritrovare il senso nell’ altro, nel prossimo. Qualcuno 2000 anni fa ha già dato la soluzione ” ama il tuo prossimo come te stesso”, chi riesce in questo è già un anarchico, ha la rivoluzione nel sangue e in maniera pacifica cambiando se stesso cambia il mondo!
La terza vie, quella della definita “democratica borghese” a mio parere non porterebbe mai all’anarchia perché il potere, come dice Bakunin, tende a divenire eterno e le votazioni fomentano questo deriva: se il potere può contare, sia pure di tanto in tanto, nell’appoggio elettorale del popolo, allora perché mollare la presa?
La rivoluzione violenta in Italia va scartata per le ragioni che hai detto: ogni azione violenta provoca una reazione sostenuta dal popolo in nome di una falsata e falsa sicurezza e del sistema che la mantiene, mantenendo invero il potere costituito.
La via della rivoluzione pacifica è lunga e molti, forse per superbia o individualismo, non sono disposti a seguirla perché pensano che le grandi modifiche si debbano attuare prima che la nostra limitata vita finisca.
Ottima comunque sia l’esposizione che i velati e palesi suggerimenti.
ed a proposito di suggerimenti se questa deve, come chiesto, essere l’inizio di una collaborazione ci sto e dico la mia.
Bene esporre in questo modo le proprie idee e proposte ma se dobbiamo fare anche proselitismo fra i “non addetti ai lavori” ritengo sia necessario utilizzare un vocabolario e l’esposizione dei concetti per dirla nel modo adeguato “più terra terra”.
Qualche tempo fa ho posto sul mio profilo una domanda: come vorresti fosse la società in cui vivi?
Quanto all’anarchia e ai massimi sistemi politici, sociali ed economici suggerisco una impostazione del tipo: non sarebbe una società migliore quella in cui dove tutti possano partecipare e dare il loro contributo?
Una rete che parta della diversità per costruire l’edificio del futuro è un’idea di cui abbiamo già parlato Io sono sempre pronto a dare il mio contributo.
forse nella mia gioventù sono stato un anarchico ibrido, dopo stranamente mi sono trovato nell’ideologia borghese, sono andato ha votare e ogni volta mi sono pentito. con l’offensiva autoritaria (Fabio Vighi) di 2020 ho perso ogni orientamento politico, per un breve periodo avevo sostenuto l’assurda esperanza che l’unione europea avrei potuto diventare un progetto piu democratico, ma non vedo ancora neanche un vocabulario per descrivere la merda (scusa per l’espressione) in quale ci troviamo.
la mia modesta idea oggi è impegnarmi per capire e descrivere la situazione…
Lotta politica, valori in un momento dove la società non parla? Gente che comunica con il telefonino stando a 1 metro, una società dove vige il dio denaro dove si sceglie la via facile di vendersi su only fans? L anarchismo ormai deve adattarsi alla società temo che non c ‘è la farà
Credo sia giusto oggi porsi queste domande…credo sia corretto prospettare chiaramente, come fa il giornalista Natale Salvo nell’articolo, queste soluzioni in contrapposizione alla sciagurata condizione sociale che ci circonda e nella quale siamo obbligati a dimenarci costantemente.
Quantomeno ci poniamo con aspetto critico nei confronti di una società consumistica, nei confronti di una società fondata sul dio denaro…su pochi valori e su molti anfratti sociali.
Essendo un pacifista, entrambe le 2 ultime strategie teoriche mi allettano più della prima, ma continuo a essere scettico riguardo le capacità dell’essere umano, soprattutto dell’essere umano di ultima generazione.
E sono convinto che, come dice qualcuno, questa attuale potrebbe essere l’ultima generazione umana prima dell’avvento dell’ intelligenza artificiale ( AI). Probabilmente inizierà un processo involutivo più rapido e compromettente di quello a cui ci siamo abituati ad assistere e partecipare, che ci porterà non più a valutare e a provare a cambiare le nostre sorti ma ad accettare inesorabilmente il nostro destino.
Non esiste alcun dogma anarchico. Anzi l’anarchismo è proprio in contraddizione con ogni tipo di dogmatismo. Chomsky è anarchico ma è totalmente diverso da Borges che è pure anarchico che è diverso da Bakunin o da Malatesta. Ogni pensatore anarchico ha le sue ricette e le sue teorie.
Quelli che per te sono dei dogmi, quindi delle posizioni che accetteremmo in maniera acritica, solo come atto di fede, per noi sono il frutto di una profonda elaborazione teorico-ideologica e dell’esperienza ultra secolare dell’anarchismo; si tratta di princìpi, di coerenza e di pratica politica quotidiana ad essi strettamente connessa.