Seneca: La vita è breve solo se la si spreca

« Non abbiamo poco tempo, ma ne perdiamo molto »; così sentenzia Seneca, filosofo e senatore romano, in uno dei suoi Dialoghi quello col suocero Paolino Pompeo [1].

« E’ così: non è breve la vita che ci viene data, ma tale la rendiamo, la sprechiamo ».

Spiega meglio Seneca: « La vita è sufficientemente lunga e ce ne viene elargita in abbondanza per il conseguimento di ciò che v’è di più grande, se si fa uso saggiamente di ogni sua parte ».

Invece capita spesso che il tempo lo si sprechi: « chi è fradicio di vino, chi si intorpidisce nel far nulla, un altro … per la passione di arricchirsi col commercio, molti rimangono impantanati a desiderare la bellezza altrui, … i più sono sballottati … [a far] castelli in aria ».

In conseguenza, « esigua è la parte di vita che viviamo. Di certo tutto il resto non è vita, ma puro tempo ».

« Non è dunque possibile concludere – insiste Seneca nel dialogo sulla Brevità della Vita – , sulla base della canizie o delle rughe, che uno è vissuto a lungo: è stato al mondo a lungo ».

Seneca: Nessuno da il giusto valore al tempo, lo scialacquano come fosse gratuito

Dello spreco di tempo il filosofo non si da pace.

E, in proposito, propone un semplice esempio: « Sono parsimoniosi nell’amministrazione del patrimonio, però quando si tratta di sprecare tempo sono assai prodighi di quel bene per il quale, caso unico, l’avidità è una virtù ».

In altre parole, « non si trova nessuno disposto a dividere il proprio denaro, ma a quanti ognuno distribuisce la propria vita! ».

« Mi stupisco – di conseguenza riassume Seneca – sempre quando vedo alcuni domandare tempo e quelli a cui il tempo viene richiesto estremamente accomodanti. Poiché si tratta di una cosa immateriale, … e pertanto è valutata di poco valore, anzi quasi senza prezzo ».

« Nessuno da il giusto valore al tempo, lo scialacquano come fosse gratuito », ribadisce quindi il filosofo.

E in « nessuno », probabilmente, include anche se stesso che così tanto, in vita, ha dedicato il tempo al servizio delle pubbliche funzioni.

Seneca poi, in proposito, conclude affermando che « è dell’uomo grande … non permettere che gli venga sottratto alcunché del suo tempo, e la sua vita è la più lunga proprio perché gli è completamente appartenuta ».

Egli individua quel che, è chiaro, è il problema: « il fatto che vivete come se doveste vivere in eterno, e mai vi soccorre il pensiero della vostra fragilità ».

Seneca: Tutto ciò che ha da venire giace nell’incertezza: vivi ora!

Riprendendo il dialogo con Paolino, esprime un avviso: « per poter meglio vivere, [le persone] pianificano la vita a spese della vita. Stabiliscono degli obiettivi a lunga scadenza. Ma il maggiore spreco della vita consiste proprio nel rimandarla ».

Così accade che « organizzi ciò che in mano alla fortuna, non ti curi di ciò che dipende da te ».

Da qui l’esortazione: « Tutto ciò che ha da venire giace nell’incertezza: vivi ora! ».

La spiegazione è semplice: « sentirai i più dire: “a cinquant’anni mi ritirerò a vita privata, a sessanta abbandonerò le cariche pubbliche”. Ma, alla fine, chi ti garantirà che avrai ancora da vivere? Chi farà in modo che le cose vadano secondo i tuoi piani? Non ti vergogni di riservarti gli avanzi della vita? Come è tardi cominciare a vivere davvero, proprio quando dalla vita ci si deve congedare! ».

« Nessuno ti restituirà i tuoi anni, nessuno ti restituirà te stesso – insiste Seneca -. La vita proseguirà per la via che ha imboccato senza tornare indietro, senza interruzioni. Giungerà la morte, per la quale, volente o nolente, bisognerà che il tempo tu lo trovi ».

Il motivo è semplice e chiaro anche questa volta: « La vita pianta in asso proprio mentre ci accingiamo a vivere ».

Seneca insinua l’angoscioso pensiero di aver faticato per l’epitaffio

Ma non tutti, per fortuna, cascano in quest’errore: lo spreco del tempo.

O, almeno, si ravvedono della strada sbagliata. Specie, « quando un qualche malanno gli ricorda che sono mortali … Soltanto allora li soccorre il pensiero di quanto inutilmente approntarono cose di cui non dovevano godere, di come ogni loro fatica sia stata vana ».

In questo caso, « tanti grandi uomini, messe da parte tutte le distrazioni, dopo aver rinunciato a tutte le ricchezze, agli obblighi sociali, ai piaceri, si spesero in quella sola attività fino ai loro ultimi giorni: saper vivere ».

Il risultato è assicurato: « chi spende ogni attimo per se stesso, chi sa disporre di ogni giorno come se fosse una vita intera, non desidera il domani né lo teme ».

Dalla riflessione di Seneca emerge il noto concetto del Carpe Diem già in precedenza espresso da Orazio nelle sue Odi: « La vita si divide in tre tempi: ciò che fu, ciò che è, ciò che sarà. Di questi il presente è breve, il futuro dubbio, il passato certo. Nel presente possiamo vivere un giorno alla volta, anzi un momento alla volta ».

Un concetto tuttavia che ieri come oggi non è sufficientemente acquisito.

« E’ brevissima e intrisa di preoccupazioni la vita di coloro i quali si scordano del passato, non si curano del presente, hanno timore del futuro », spiega quindi Seneca.

In sostanza, « [coloro che] ottengono con un gran lavorio quello che vogliono, mantengono con ansia ciò che hanno ottenuto. Frattanto non si fa alcun conto del tempo che non tornerà più. La vita si consumerà tra un’attività e l’altra. Ma il tempo per se stessi non lo troverà mai e resterà sempre un’aspirazione ».

Il risultato del trascorre il tempo è decisamente triste: « alcuni la vita li pianta in asso prima che raggiungano il culmine dell’ambizione, quando sono ancora agli inizi del cimento, in altri, dopo aver ottenuto sommi onori a prezzo di mille disonori, si insinuò l’angoscioso pensiero di aver faticato per l’epitaffio ».

A Seneca non resta che domandare: « E’ così bello morire vessato dagli impegni? ».

Seneca: occorre spendersi nel “saper vivere” ovvero nei sublimi studi

Il Dialogo su la Brevità della Vita si conclude quindi con un convinto consiglio: « Ritirati dunque dalla folla. Prenditi un po’ del tuo tempo anche per te ».

« [Chi] non è padrone del proprio tempo, dagli un altro nome; è malato, anzi è morto; dispone del proprio tempo soltanto chi ne ha coscienza », avverte ancora Seneca.

Ma quand’anche si sia accettato l’invito, il consiglio, resta da comprendere in quale maniera vada correttamente impiegato il tempo affinché questo sia realmente vissuto.

Seneca in proposito non ha dubbi: « tra tutti [coloro] che dispongono del proprio tempo, solo quelli che si dedicano all’esercizio della sapienza sono i soli a vivere davvero [2]. Aggiungono ogni tempo al proprio ».

Il filosofo romano prova ad essere più chiaro: « non ti chiamo ad un riposo pigro e neghittoso [inoperoso, negligente nei propri doveri, N.d.R.], non ad affogare il tuo carattere vitale nel sonno e nei piaceri cari al volgo: questo non è riposo, scoprirai attività più grandi di tutte quelle a cui ti sei fino a ora dedicato con tanto vigore ».

In buona sostanza: « Avvicinati a questi studi sacri e sublimi ».

A chi non ha ancora compreso l’autore offre una metafora: « siamo soliti dire che non abbiamo potuto scegliere i genitori, ma che si sono stati dati a caso: ma per gli uomini virtuosi è possibile nascere secondo il proprio arbitrio. Vi sono famiglie [scuole filosofiche, N.d.R.] di nobilissimi ingegni: scegli quella in cui vuoi essere adottato ».

Questi studi « ti offrono una via verso l’eternità. Questo è l’unico modo di prolungare la condizione mortale, anzi di trasformarla in immortalità ».

Sì, conclude Seneca, « le cariche onorifiche, i monumenti, tutto ciò che l’ambizione ha ordinato con decreti o realizzato in opere ben presto rovina, non c’è nulla che il passare del tempo non demolisca e cancelli; [ma il tempo] non può recar danno a ciò che la sapienza ha consacrato ».

Fonti e Note:

[1] Tratto da Seneca, 49 d. C., “De brevitate Vitae” (Libro X de “Dialoghi” ).

[2] « Possiamo dire che attendono ad impegni degni di questo nome coloro i quali ogni giorno vorranno coltivare la più stretta intimità con Zenone, Pitagora e Democrito e gli altri sacerdoti della conoscenza, e con Aristotele e con Teofrasto. Nessuno di loro ti costringerà a morire, tutti te lo insegneranno; nessuno di loro consumerà i tuoi anni, tutti aggiungeranno i loro ai tuoi. Prenderai da loro ciò che vorrai. Non saranno loro ad impedirti di attingere a tuo piacimento ».

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