Merlino: il fallimento della gerarchia

Francesco_Saverio_Merlino

E’ il 1897 quando l’anarchico Francesco Saverio Merlino pubblica “Pro e contro il socialismo”.

Nel saggio, Merlino scrive: “Il vizio dell’organizzazione delle società civili contemporanee è la gerarchia”. L’anarchico contesta questo sistema: “In ogni organizzazione gerarchica, gli interessi generali sono necessariamente subordinati a quelli della classe dirigente, anzi sono amministrati da questa come fossero interessi suoi propri”.

Perché questo sistema gerarchico non funziona, non garantisce “il massimo benessere generale”?

  • Perché “il capitale di un paese è assoggettato alla direzione di un piccolo numero di individui, i cui interessi, capricci, infortuni possono impedire considerevolmente e talvolta arrestare il movimento industriale e commerciale”.
  • Perché “il consumatore è alla mercé del produttore ed entrambi, separati come sono talvolta dalla metà della circonferenza del globo, sono soggetti a innumerevoli intermediari”.

L’avvocato Merlino spiega: “Il compito che si propongono questi [la classe dirigente, NdR] non è già accrescere la prosperità generale, di sviluppare le risorse di un paese, impiegare meglio il capitale e accrescere la produttività del lavoro; ma è invece di opprimere l’operaio, spremerne una maggior quantità di fatica e scemarne il salario; d’altra parte creare negli agiati bisogni fittizi, fomentarne i vizi e sollecitarne la vanità e, infine, creare un’alternanza costante di abbondanza e penuria, per mietere tanto nella buona quanto nella cattiva stagione, ed edificare la propria fortuna sulla rovina generale”.

In altre parole, “non già di assicurare la pace, la tranquillità, la giustizia, provvedere all’educazione della nuova generazione, promuovere gli interessi agricoli, industriali, il benessere del popolo; ma di assicurare a sé e ai loro aderenti vantaggi pecuniari a spese altrui, di trarre dai pubblici uffici lauti stipendi e guadagni, per mantenere attorno a sé una clientela abbastanza numerosa e restare indefinitamente al potere, a costo di sacrifici, danni, dell’immiserimento e della degenerazione della nazione”.

Francesco Saverio Merlino condanna senz’appello anche la democrazia parlamentare: “gli eletti s’impongono agli elettori, come i direttori delle società anonime e delle banche s’impongono agli azionisti e ai depositanti. Se il cittadino è servo del governo, l’operaio è servo del padrone”.

E, ovviamente, parimenti prende le distanze dai partiti politici: “I partiti politici sono l’effetto delle ambizioni, della concorrenza al potere, come la speculazione al rialzo e al ribasso e gli altri giuochi di borsa sono l’effetto dei meccanismi dei cambi”.

La divisione fa il resto: Merlino cita l’esempio de “i pochi uniti in mezzo ai molti divisi; i pochi armati in mezzo ai molti inermi; i pochi ricchi in mezzo ai molti nullatenenti”.

L’effetto è ovvio: “La moltitudine non organizzata dei consumatori di acqua, di gas, ecc. è così impotente verso le società che hanno il monopolio di queste cose, come il popolo verso il governo”.

L’invito di Merlino è conseguente: “Si vede dunque fin d’ora come non sia possibile rimediare ai mali dell’attuale ordinamento sociale. […] Bisogna riformare il fondo della costituzione sociale: sostituire alla dominazione la cooperazione, alla lotta la giustizia”.

Fonti e Note:

[1] Il Socialismo senza Marx, Francesco Saverio Merlino, Boni Editore 1974 (pag. 69-72).

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