Le 198 tecniche di lotta nonviolenta contro i regimi

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Esiste « la convinzione che la violenza possa essere contrastata efficacemente solo con la violenza ». Non ne è convinto Gene Sharp che, in “Politica dell’azione nonviolenta” (1973), individua, elenca e illustra 198 tecniche di lotta nonviolenta [1].

Nell’introduzione Sharp tuttavia spiega che « quando sono pochi numericamente e privi dell’appoggio della maggioranza dell’opinione pubblica, gli attivisti nonviolenti possono effettivamente trovarsi in una posizione esposta e vulnerabile, ma in tal caso l’uso della violenza li renderebbe anche più esposti e vulnerabili ».

In ogni caso, aggiunge Sharp, « un’applicazione estensiva, decisa ed intelligente dell’azione nonviolenta, crea all’avversario dei problemi di natura molto particolare, che disturberanno o frustreranno un efficace impiego delle sue forze ».

« E’ importante – prosegue lo studioso nel suo testo – che gli attivisti mantengano la disciplina nonviolenta anche difronte ad una repressione brutale. Evidenziando il contrasto tra il metodo violento e quello nonviolento, gli attivisti possono dimostrare che la repressione non è in grado di tenere a bada la popolazione e che essi possono minare le basi del potere dell’avversario ».

Secondo Sharp, in tali condizioni, « la repressione ingrossa le fila degli attivisti nonviolenti ed allarga il fronte della sfida ».

Ma quali sono, in concreto, le famose 198 tecniche di lotta nonviolenta di Gene Sharp?

Spiega nel libro: « gran parte delle tecniche classificate come forme di protesta e di persuasione nonviolenta sono soprattutto atti simbolici di opposizione pacifica. Tra queste tecniche possiamo includere i cortei, le veglie, i picchettaggi, i poster, i teach-ins, i meeting di commemorazione e di protesta. Facendo ricorso a tali mezzi ci si limita semplicemente a dimostrare che si è contro qualcosa ».

Tali azioni potrebbero « convincere l’avversario stesso ad accettare il cambiamento », ma potrebbe anche servire ad « influenzare il gruppo oppresso, cioè le persone direttamente toccate dal problema, per indurle ad assumere iniziative autonome, quali la partecipazione ad uno sciopero ».

20 azioni nonviolente per lottare contro un regime

Tra le azioni che Gene Sharp elenca, ecco una piccola selezione:

  • 1. Pronunciare discorsi pubblici;
  • 2. Indirizzare una lettera di opposizione o di sostegno, pubblicata come lettera aperta, scritta ad una particolare persona, ma pensata allo scopo di convincere anche o soprattutto coloro che la leggeranno. In tal caso il numero, o il particolare status dei firmatari, può influenzare il suo successo;
  • 3. Presentare delle petizioni di gruppo, che chiedono la riparazione di uno specifico torto a nome di un certo numero di firmatari;
  • 4. La distribuzione di volantini è probabilmente la tecnica di comunicazione più comunemente usata dai gruppi dissidenti per convincere e guadagnare nuove adesioni;
  • 5. Portare avanti le opinioni e le cause abbracciate per mezzo dell’uso di riviste e giornali si ritrova costantemente lungo tutta la storia dei conflitti sociali e politici. Dove è politicamente possibile, si possono pubblicare anche articoli nei giornali “normali”, per far conoscere la propria opinione;
  • 6. Assegnare «onorificenze» satiriche agli avversari per pubblicizzare particolari ingiustizie e forse anche per attribuire a chi le riceve l’«onore» di porvi rimedio;
  • 7. Svolgere una contro-elezione è un sistema col quale un gruppo di opposizione può tenere elezioni non legali o votazioni popolari dirette su una questione di attualità, istituendo speciali «seggi» in cui votare;
  • 8. Cambiare i nomi delle strade con altri di evidente significato simbolico;
  • 9. Organizzare la marcia di un gruppo di persone verso un posto particolare, considerato intrinsecamente significativo ai fini del problema per il quale il gruppo si sta mobilitando;
  • 10. Realizzare la parodia di un funerale, con cui i manifestanti esprimono che hanno a cuore un particolare principio e accusano l’avversario di oltraggiarlo;
  • 11. Organizzare un teach-in ovvero un dibattito pubblico con diversi punti di vista politici, ove gli oratori siano particolarmente competenti;

Spiega di nuovo Gene Sharp nel V capitolo del suo manuale che, comunque, « quasi sempre le tecniche di azione nonviolenta comportano la non collaborazione con l’avversario, provocando un rallentamento o un blocco delle normali attività ».

Le tecniche di non collaborazione (ovvero di boicottaggio) possono essere di tipo sociale (ad es.: « il rifiuto a continuare i normali rapporti sociali con persone o gruppi che si ritiene abbiano perpetrato un torto o un’ingiustizia »), economico, e politico.

  • 12. Rifiutarsi di acquistare determinati beni o servizi (boicottare) per uno svariato insieme di ragioni (ad es.: perché sono prodotti in un determinato Paese ove regna l’oppressione e l’ingiustizia), oppure, non usarli se già li si possiede ( tivù, auto, etc);
  • 13. Lanciare appelli al ritiro dei depositi bancari, per esprimere una protesta nei confronti del sistema bancario o di quel particolare istituto reo di un’azione contestata;
  • 14. Ridurre deliberatamente il ritmo di lavoro fino a diminuirne l’efficienza (go-slow), ad esempio per rispondere a peggiorate condizioni di lavoro;
  • 15. “Scioperare in bianco”, al contrario, è una forma di lavoro “scrupolosa”, meticolosa sui regolamenti e le norme di sicurezza, fino all’esasperazione col risultato che la produzione si riduce;
  • 16. Boicottare la partecipazione alle elezioni. Nei sistemi non democratici gli organi legislativi possono essere usati per aumentare il prestigio e l’influenza del regime e per dare un’apparenza di democrazia. La non partecipazione potrebbe avere lo scopo di togliere la facciata democratica del regime e delegittimare il governo eletto;
  • 17. Digiunare singolarmente o in massa, per attirare l’attenzione su una determinata condizione, colpire la coscienza di colui che sbaglia e finché non si affrontati e risolva la situazione;
  • 18. Sovraccaricare i servizi pubblici significa richiedere deliberatamente all’istituzione preposta una quantità di prestazioni molto superiore a quella che è in grado di fornire, in modo da rallentarne o paralizzarne il funzionamento, ad esempio formulando una quantità troppo grande di richieste o facendo pervenire un numero eccessivo di suggerimenti, proteste o dichiarazioni;
  • 19. Costruire istituzioni sociali (scuole, etc), economiche e politiche (“governo ombra”) alternative, qualora la loro formazione e il loro sviluppo costituiscano una sfida per quelle esistenti;
  • 20. Realizzare strumenti di comunicazione alternativa (radio, tivù), che rompa il controllo o il monopolio del regime sulla comunicazione di informazioni e idee.

In definitiva, conclude Gene Sharp, « i sistemi gerarchici dipendono dall’obbedienza e dalla collaborazione delle persone che essi governano, le quali possono limitare o ritirare il loro sostegno e la loro obbedienza al sistema. Secondo questa teoria, se questa rifiuto di collaborazione e attuato da un numero abbastanza grande di persone per un periodo di tempo sufficientemente lungo, il regime dove scendere a patti o crollerà ».

Fonti e Note:

[1] In dettaglio, qui sono illustrati i 198 metodi di azione non violenta – Puoi scaricare la versione italiana a questo link: “The Politics of Nonviolent Action – Volume 2 (IT)”.

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