Bordiga: lo Stato non garantisce diritti proletariato

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« Un partito che così agisce, va verso il suicidio ». Questo scriveva questa frase, Amadeo Bordiga si riferiva al Partito Socialista Italiano, da cui si era appena scisso un gruppo d’iscritti che aveva appena fondato il PCI.

Nel PSI, Bordiga aveva sostenuto l’ala astensionista del partito. Riteneva cioè che in generale, ma nello specifico in quella fase storia (1921), un partito che vuole « garantire i diritti del proletariato » non può « scendere sino alla collaborazione politica col Governo borghese ».

Una situazione, questa « antisocialista ed affatto marxista »: « Basta solo ricordarsi – spiegava – che lo Stato è il prodotto e la estrinsecazione della inconciliabilità dei conflitti di classe. Lo Stato, secondo Marx, è un organo del dominio di classe, un organo per l’oppressione di una classe da parte di un’altra ».

Questo Stato, insisteva, « non si conciliava con i diritti delle classi lavoratrici ». Partecipare al “giuoco” democratico voleva dire « irrobustire l’istituto parlamentare », quindi lo Stato stesso.

Si era difronte, in questo caso, ad una vera e propria « opera di tradimento verso la classe lavoratrice ».

A questo punto, « essi non sono nemmeno dei socialisti, sono dei piccoli borghesi, sono degli opportunisti », commentava Amadeo Bordiga.

Una situazione che, tuttavia, « fortifica il movimento comunista » poiché l’azione di quest’ultimo « incardina sul semplice enunciato che (…) lo Stato, quale prodotto della inconciliabilità dei conflitti di classe è un potere per l’oppressione della classe opposta ».

« La liberazione delle classi oppresse è solo possibile non solo con la rivoluzione violenta ma anche con l’eliminazione dell’apparato di potere statale », concludeva Bordiga la sua dichiarazione [1].

Fonti e Note:

[1] Marxists. Amadeo Bordiga (1889-1970), “Come un partito muore” (1921).

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