Errico Malatesta: andiamo fra il popolo!

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Confessiamolo subito: gli anarchici non si sono mostrati all’altezza della situazione.

E’ tempo di ravvederci!

La causa principale, secondo noi, di questa nostra decadenza è l’isolamento in cui quasi dappertutto siamo caduti.

Per un complesso di cause, gli anarchici, dopo la dissoluzione dell’Internazionale, perdettero il contatto delle masse e si andettero man mano riducendo in piccoli gruppi, occupati solo a discutere eternamente e, purtroppo, dilaniati tra loro, a tutt’al più a fare un po’ di guerra ai socialisti legalitarii.

Il lavoro di propaganda e di organizzazione è diventato una cosa impossibile.

Insomma tutto quello che è permesso di fare per la propaganda è:

  • qualche conferenza dove il pubblico non viene se non è attirato dalle doti eccezionali di un oratore,
  • qualche stampato, che è letto sempre dallo stesso circolo di gente,
  • e la propaganda da uomo a uomo, se sapete trovare chi vi ascolti.

Questa è una tattica micidiale che equivale al suicidio. La rivoluzione non si fa con quattro gatti.

Degl’individui e dei gruppi isolati, possono fare un po’ di propaganda; dei colpi audaci, delle bombe e simili, cose, se fatte con retto criterio ( il che purtroppo non è sempre il caso ) possono attirare l’attenzione pubblica sui mali dei lavoratori e sulle nostre idee, possono darci l’aureola di vendicatori del popolo, possono sbarazzarci di qualche ostacolo potente, ma la rivoluzione non si fa che quando il popolo scende in piazza.

E se noi vogliamo farla bisogna che attiriamo a noi la folla, quanto più folla possibile.

Ed è, anche, questa tattica dell’isolamento, contraria ai nostri principi e allo scopo che ci proponiamo.

Errico Malatesta: distruggiamo questo ordinamento, facciamo la rivoluzione

La rivoluzione, come noi la vogliamo, deve essere il cominciamento della partecipazione attiva, diretta, vera delle masse, cioè di tutti, alla organizzazione e alla gerenza della vita sociale.

Andiamo tra il popolo: questa è l’unica via di salvezza.

Ma non vi andiamo con la boria burbanzosa di persone che pretendono di possedere il verbo infallibile e disprezzano dall’alto della loro pretesa infallibilità chi non condivide le loro idee.

Andiamoci per affratellarci coi lavoratori, per lottare con loro, per sacrificarci per loro.

E guardiamoci dal disgustarci perché spesso i lavoratori non capiscono o accettano tutti i nostri ideali e stanno attaccati a vecchie forme e a vecchi pregiudizi. Noi non possiamo e non vogliamo aspettare, per fare la rivoluzione, che le masse siano diventate socialiste anarchiche con piena coscienza.

Noi sappiamo che, finché dura l’attuale ordinamento economico-politico della società, l’immensa maggioranza del popolo è condannata all’ignoranza e all’abbrutimento e non è capace che di ribellioni più o meno cieche. Bisogna distruggere quest’ordinamento, facendo la rivoluzione come si può, colle forze che troviamo nella vita reale.

Come anarchici noi dobbiamo organizzarci tra noi, tra gente perfettamente convinta e concorde: ed intorno a noi dobbiamo organizzare, in associazioni larghe, aperte, quanti più lavoratori è possibile, accettandoli quali essi sono e sforzandoci di farli progredire il più che si può.

Ravvediamoci! Il momento è solenne. Noi siam giunti ad uno dei momenti critici della storia umana, che decidono di tutto un nuovo periodo.

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Fonti e Note:

Sintesi da “Studi Sociali”, anno I, n. 2, 16 aprile 1930, pag. 4: “Andiamo fra il popolo”, presso Biblioteca Gino Bianco di Forlì. Ripubblicazione dal periodico “L’art. 248”, Ancona, n. 5 del 4 febbraio 1894.

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