Docufilm denuncia: 60 anni dopo, italiani contro i nuovi italiani

Ieri sera, a Trapani, il collettivo Sinistra Libertaria ha promosso una speciale proiezione del docufilm La prodigiosa trasformazione della classe operaia in stranieri del regista iracheno Samir Jamal Al Din. Il docufilm è prodotto da Casa delle Visioni e Dschoint Ventschr, e distribuito da Mescalito Film. L’incontro è stato anche occasione per discutere il referendum dell’8-9 giugno, che propone di ridurre da 10 a 5 anni il tempo necessario per ottenere la cittadinanza italiana. Una scelta importante, che tocca circa 2,5 milioni di persone, lavoratori e studenti.

«Come uscire da un intervento di cataratta. Ti si squarcia il velo che ti offusca la vista e finalmente vedi chiaro, almeno se apri gli occhi». Così Natale Salvo, portavoce del collettivo, descrive l’effetto del film. Un’opera potente, che racconta la storia di Samir, bambino emigrato da Baghdad a Zurigo negli anni ’60, e che diventa il filo conduttore per una riflessione più ampia: quella degli italiani emigrati in massa nel dopoguerra verso il Nord Europa.

Sette milioni di italiani in fuga dalla miseria

Tra il 1950 e il 1980, oltre sette milioni di italiani lasciarono il Paese per cercare lavoro e dignità in Svizzera, Germania, Belgio, Regno Unito. Due milioni solo in Svizzera. Molti vivevano in baracche malsane e disumane, dentro le stazioni o persino nelle cabine telefoniche, privi di tutele, senza poter ricongiungere le famiglie. Dal 1950 al 1973, la popolazione straniera in Svizzera salì dal 6 al 17% [1]. Aumentò anche il razzismo.

Gli immigrati stavano fuori dalla società, discriminati e senza diritti, neanche quello di partecipare ad una manifestazione di protesta. Nell’opinione comune erano dileggiati: italiano era sinonimo di delinquente o di zoticone.

«Ieri in Svizzera, come oggi in Italia, i media compiacenti ai partiti conservatori e agli interessi dei padroni hanno amplificato la paura e giustificato l’esclusione, trasformando la xenofobia in opinione pubblica», denuncia Natale Salvo.

In Italia gli stranieri sono 5,2 milioni, appena l’8,9% della popolazione residente, e metà di questi sono di origine europea (rumeni, albanesi, ucraini, moldavi). Eppure la stampa, oggi in Italia, ieri in Svizzera, alimenta la falsità della “invasione”. I reati, da chiunque commessi, sono in calo da oltre un decennio tuttavia, lo ammette lo stesso ministero degli interni: “La percezione della sicurezza è spesso influenzata dal modo in cui i mass media rappresentano, il più delle volte con enfasi, il problema della criminalità” [2].

Nel 1970, la destra svizzera impose un referendum per limitare drasticamente la presenza di stranieri. «Migranti economici, erano quegli italiani – racconta Salvo – ma per molti svizzeri conservatori rubavano il lavoro, portavano criminalità, minacciavano i valori nazionali». Il referendum fu respinto, ma il 46% votò a favore [3][4]. Una società spaccata. Come oggi.

La denuncia del docufilm: Italiani, ieri vittime, oggi carnefici

«È doloroso dirlo – continua Salvo – ma oggi siamo noi italiani a ripetere gli stessi errori. Nei campi, nei cantieri, ci sono migranti africani che vivono come vivevamo noi. Sfruttati nei campi e nei cantieri con salari miserabili e orari impossibili, invisibili perché senza diritti civili quali il voto, umiliati». Il film mostra scene strazianti: bambini italiani nascosti nei bagagliai delle auto, sotto le gonne delle nonne, per entrare illegalmente in Svizzera. Una volta lì, non potevano uscire, giocare, neppure affacciarsi: rischiavano l’espulsione».

«A soffrire erano soprattutto i bambini italiani, a cui era vietato o ostacolato il ricongiungimento coi genitori espatriati in Svizzera – aggiunge Salvo –, come avviene oggi quelli dei migranti africani, trattati come un problema. Tutto ciò nonostante gli appelli del papa ai fedeli cattolici». Il paragone è forte, ma inevitabile: la memoria deve servire a cambiare il presente.

La sinistra libertaria chiama al voto

Il referendum in programma l’8 e 9 giugno può essere un primo passo per ridurre l’attesa per la cittadinanza da 10 a 5 anni. Una battaglia di civiltà. «Non importa per quanto tempo vivono da noi, non importa se lavorano, se pagano le tasse, o se i loro figli sono nati qui: per troppi, restano altro, non appartengono – denunciano i produttori del docufilm –. Come se la democrazia avesse confini di sangue».

La Sinistra Libertaria invita a non restare indifferenti. Il voto può essere uno strumento per riparare ingiustizie. «Abbiamo subito il razzismo – conclude Salvo – oggi rischiamo di esserne complici. Guardiamo in faccia la realtà. Apriamo gli occhi. Votiamo».

Fonti e Note:

[1] Swiss Info, 9 febbraio 2014, “Iniziative contro l’inforestierimento: una lunga tradizione”

[2] Ministero degli Interni, maggio 2023, “La criminalità tra realtà e percezione”, pag. 26.

[3] Wikipedia.

[4] TVSvizzera, 2 giugno 2020, “50 anni fa – Il primo no a Schwarzenbach”.

“Il 7 giugno del 1970, gli svizzeri furono chiamati a votare su un’iniziativa popolare che chiedeva di limitare gli stranieri al 10% della popolazione. L’iniziativa – comunemente chiamata Schwarzenbach, dal nome del promotore – la spuntò soltanto in sette cantoni e fu respinta col 54% di no. Ma quella campagna contro il cosiddetto inforestierimento (Überfremdung) non fu priva di conseguenze”.

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1 commento su “Docufilm denuncia: 60 anni dopo, italiani contro i nuovi italiani”

  1. Marco Giuseppe Toma

    Processi di sfruttamento e oppressione sempre uguali,oggi come ieri.Dinamiche di base fondate sul creare disuguaglianza, emarginazione e allo stesso tempo in contemporanea e paradossalmente odio e violenza contro le stesse vittime di questa azione .Gli africani,arabi,”inferiori” del mondo:oggi i migranti nordafricani,ispanici,asiatici,ieri i discriminati “PIIGS”dell’ occidente(dagli italiani agli spagnoli fino all’ immigrazione interna statunitense di West e MidWest degli anni 50/60).
    Politiche e strutture create dal sistema liberista e capitalista di “uomo” e “umanità” come merce e oggetto di commercio,che possono interessare e coinvolgere tutti.Ripeto,tutti,senza distinzioni etniche,sociali,culturali,religiose, secondo le convenienze globali del momento da chi gestisce il potere

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