Democrazia Diretta: i motivi del no

pecore

No, la democrazia diretta non funziona. Lo sostiene, prodigo di esempi storici, Michele Radicati, studente di storia e filosofia ad Arezzo.

La sua chiusura alla democrazia diretta è netta: « sono fermamente convinto che la democrazia diretta sia assimilabile alla dittatura, una dittatura in cui la parte del leone è fatta non da una singola persona, bensì da uno stuolo automi, di persone non persone, rese tali dal proprio leader », scrive.

La motivazione che fornisce per la sua opinione è piuttosto semplice: « le persone non sono in grado di sapere cosa sia meglio per loro. Sono volubili, manipolabili, facili allo scontro e alla violenza e, sicuramente, non sono buone per natura ».

Democrazia diretta: non rappresenta le opinioni delle minoranze

« La democrazia rappresentativa – insiste nel suo ragionamento Michele Radicati –, con tutti i suoi difetti, certo, ma con la sua capacità di rappresentare tutti, anche le minoranze ».

« Nella democrazia diretta questo non accadrebbe più, nella migliore delle ipotesi si avrebbe una dittatura della maggioranza, nella peggiore e più probabile, invece, questa maggioranza sarebbe guidata da un uomo forte e la democrazia diretta non si trasformerebbe in altro che in una dittatura reale ».

Inoltre, secondo Radicati, « un governo gestito da un’entità in grado di cambiare idea, in modo anche diametralmente opposto, e di farlo in tempi rapidissimi, non è una buona base su cui impostare un governo solido, la cosa è piuttosto evidente ».

Democrazia diretta: Oi plestoi kakoi, i più sono cattivi, manipolabili

Lo studioso di storia e filosofia, quindi, cita l’aforisma attribuito a Biante di Priene e sul frontone del tempio di Apollo a Delfi: « Oi plestoi kakoi ».

Michele Radicati traduce il testo greco così: « i più sono cattivi, la maggioranza delle persone è cattiva. Di più, la parola kakoi può essere intesa anche come “stupido, ignorante”. In tal caso la maggioranza non sarebbe cattiva, sarebbe proprio stupida ».

Il Pericle di turno, secondo l’estensore dell’articolo, « ricercando scientemente l’appoggio degli strati più bassi della popolazione » avrebbe in pugno il governo.

Insomma, la famosa “ecclesia”, la grande assemblea ateniese istituita da Solone, « nella quale tutti gli uomini liberi potevano prendere la parola », lusingata dal leader populista di turno, potrebbe fare più danni che quella “mediata” e “forte” di una democrazia rappresentativa.

Il pericolo esposto esiste, vanno individuati i contrappesi.

Fonti e Note:

[1] Il SuperUovo, Michele Radicati, 9 luglio 2020, “Populismo, demagogia, democrazia diretta: questioni di oggi nate ad Atene”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *